mercoledì 9 marzo 2016

Se una donna riesce a nascere in India

Se una donna riesce a nascere in India il percorso che intraprende non è certo dei più facili. Selezione alla nascita, malnutrizione, maltrattamenti, poca istruzione e poche chances per vivere un’esistenza serena e con gli stessi diritti riservati agli uomini.
Il  percorso matrimoniale non è poi altrettanto facile: dote, ingerenze, strani incidenti domestici. Dentro e fuori dalla famiglia la condizione femminile rimane difficile nonostante la società progredisca civilmente, economicamente e giuridicamente.

Il rischio più grave e diffuso rimane quello della violenza, della molestia fisica e verbale. La donna indiana deve sopportare soprusi e angherie. Ma non sempre tutto è così negativo.
Se una donna nasce in India è perché ha superato la ben triste e nota pratica dell’aborto selettivo.  Il rapporto bambine e bambini oggi è di 92 a 100. Avviene un aborto selettivo ogni 25 nascite. Dal 1994 è vietato legalmente l’esame prenatale che incentiva questa pratica. Se nasce una donna dovrà poi superare un’altra pratica, quella dell’infanticidio femminile. Un detto iindiano dice: “Allevare una bambina equivale ad annaffiare il giardino del vicino”. Spesso le bambine vengono soppresse alla nascita, affogate ritualemnte nel latte o tramite i capezzoli avvelenati della madre. Se una donna cresce in India dovrà scontrarsi con la malnutrizione (50%), con l’anemia (48%), con l’analfabetismo (59%) e con meno diritti riconosciuti. Se una donna cresce in India il suo percorso matrimoniale non sarà semplice. Molte bambine vengono fatte sposare giovanissime per non gravare più sulla famiglia di origine. Tale pratica sfiora addirittura il 56% in Rajastan per le bimbe dagli 8 ai 15 anni. La vita matrimoniale non è mai facile. Spesso la donna deve scontrarsi con angherie e violenze, anche da parte della suocera. Si registrano numerosissimi casi di incidenti bomestici, bruciature con fornelli al kerosene o morti sospette. Ogni due ore una donna in India subisce questo tipo di maltrattamento. Nella progredita Bangalore si registrano circa 80 casi l’anno. Il motivo è sempre lo stesso: la dote. Un’usanza indiana vietata ufficialmente dal 1961 ma ancora fortemente diffusa. Quando la dote non è ritenuta sufficiente, la soluzione migliore è quella di “cambiare moglie”. Se una donna in India si sposa e diventa vedova, la sua condizione può non essere tra le migliori. Molte donne vengono allontanate dalla famiglia del marito e destinate a vivere in preghiera ed isolamento in un ashram: vestono di bianco, non portano gioielli, vivono di elemosine e non possono mangiare cibi saporiti. Le vedove meno fortunate sono soggette alla Sati, la morte rituale sulla pira funeraria del marito. Tale pratica è vietata in India dal 1829. E’ un reato anche partecipare ad un culto legato alla sati dal 1987. Nonostante questo, dal 1947 ad oggi, ci sono stati almeno 53 casi di Sati accertati. Per l’Atharveda la sati è un dovere della donna. Le principesse Rajput si suicidavano collettivamente quando venivano a sapere che i loro sposi erano morti in guerra. Oggi capita spesso che le donne condotte verso una sati siano drogate o costrette con la forza. Se una donna sopravvive in India va in contro a molestie sessuali. Ogni 20 minuti avviene uno stupro e un indiano su quattro ha dichiarato di aver compiuto almeno una volta una violenza su una donna. Il 50 % di loro lo ha fatto per divertimento, il 40% per punizione. Il gesto si è ripetuto almeno nel 45% dei casi. Negli ultimi 40 anni i casi di violenza sono aumentati del 900%. Un’associazione di ingegneri  indiani composta prevalentemente da donne, la SHE, ha recentemente messo a punto congegni elettronici in grado di prevenire gli stupri: un reggiseno che se sganciato scorrettamente rilascia una scarica di 3800 kilovolt oppure un GPS sotto le scarpe che allerta numeri amici e forze dell’ordine, oltre che localizzare la vittima di aggressione.
Ma le donne che nascono e crescono in India sono anche donne felici, donne che lottano per i loro diritti e raggiungono risultati. La donna cerca di emanciparsi sempre più. Veste come un’occidentale, frequenta l’università e conduce una vita sociale come qualsiasi altra donna ha il diritto di fare. Le donne indiane ricoprono ruoli importanti nella politica (anche se hanno solo l’11% di quote rappresentate in Parlamento), basti ricordare donne come Indira Gandhi, Primo ministro dal 1966 al 1984; Sonia Gandhi, presidente del Congress Party fino al 2004 (ricordiamo inoltre che Saronjini Naidu ha ricoperto per prima, come donna,  questo incarico nel 1929) o  Pratibha Patil, Presidente della Repubblica dal 2007 al 2012. Anche nelle società e nelle aziende e multinazionali le donne primeggiano; ricordiamo donne come Indra Noyi (Amministratore delegato della Pepsi), Arundhati Bhattacharya (Presidente della State bank of India), Chanda Kochhar (Amministratore delegato della ICICI bank) o Shobhana Bhartia (Presidente dell’Hindustan time). Sempre più donne decidono di non diventare madri e dedicarsi agli studi e alla carriera. Gli stati economicamente più progrediti in India sono quelli dove l’alfabetizzazione e l’istruzione media delle donne risultano essere più elevate. Una donna che nasce e scresce in India: una risorsa da non sottovalutare. 

domenica 21 febbraio 2016

Parliamo di donne in Asia a Venezia

LA CANZONE DELL’ALTRA/O
STORIE E R-ESISTENZE DELLE DIFFERENZE INVISIBILI

Serata a sostegno di Emily
Sabato 27 Febbraio 
Circolo ARCI Franca Trentin Baratto
Santa Sofia, Cannaregio 4008, Venezia
Dalle 17:30
Storie di r-esistenze differenti e invisibili: la luce di chi vive la malattia rara,
il carcere e l’essere donna in Asia.
Ne parliamo insieme a:
Luigi Vero Tarca – Filosofo e docente presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia
Elisabetta Favaretto – Presidentessa dell’associazione filosofica LAI e insegnante nei Licei
Sonia Orazi – Insegnante e blogger esperta di cultura asiatica
Grace Spinazzi – Mamma e insegnante
Buffet vegetariano e vegano preparato dai volontari della LAI
Musica dal vivo di Paola Tamburin, Paolo Sottana e Frankie & Master Mauri
Tutto il ricavato sarà devoluto per aiutare Emily Rose Marie, una bambina di tre anni affetta dalla sindrome di Sanfilippo, una grave malattia degenerativa. La mancanza di un enzima causa l’accumulo di tossine nel cervello e porta gradualmente ad un grave ritardo mentale ed alla perdita delle funzioni vitali principali. L’aspettativa di vita è molto bassa. Non vi sono né cure né terapie accertate: la prima sperimentazione è iniziata l’anno scorso.
I fondi raccolti durante la serata aiuteranno Emily in questo percorso “speciale” faticoso ma anche pieno di speranza.
Evento Facebook: https://www.facebook.com/events/1685182305080324/
Pagine Facebook: A smile from a Rose + Libera Associazione di Idee
Sito LAI: https://associazionelai.wordpress.com

giovedì 3 dicembre 2015

Quel difficile sincretismo indiano

Con l’elezione di Modi  come Primo Ministro e il BJP al potere, l’India sta vivendo una nuova ondata di forte pressione religiosa. Basta ricordare iniziative come la giornata internazionale dello Yoga, sostenuta pubblicamente dal governo nel giugno di quest’anno (Modi  stesso ha praticato le principali asana insieme ad altre 35.000 persone sul Rajpath di Delhi) o il recente inasprimento delle ammende contro coloro che mettono a repentaglio l’esistenza di gaumata, la vacca sacra della religione hindu tutelata dalla Costituzione.
Il clima di intolleranza e tensione ha recentemente riguardato anche il mondo del cinema. Dopo gli atti terroristici di Parigi è cresciuta la diffidenza verso la comunità musulmana. L’attore Amir Khan ha dichiarato di sentire la sua vita e quella della sua famiglia in pericolo. L’ipotesi di lasciare il paese per vivere in un posto più sicuro ha scatenato  proteste e insulti verso il famoso attore. Alcuni gruppi estremisti hanno addirittura fatto una colletta per acquistare un biglietto aereo per lui e sua moglie. Volevano forse mandarlo su un altro pianeta come in PK, uno degli ultimi suoi film?
L’attacco all’attore è amplificato dal suo attivismo sociale. Recentemente ha infatti presentato uno spettacolo intitolato Satyamev Jayate (La verità trionfi da sola) nel quale polemizza contro il difficile sincretismo indiano degli ultimi mesi. Khan si è difeso invitando il paese a riflettere sul concetto di Anekantavada, l’amore, la sensibilità, la forza emotiva, l’integrità e l’inclusione che dovrebbero sorreggere l’India.  Recentemente anche un gruppo di scrittori ed intellettuali ha manifestato la propria preoccupazione.
La scorsa primavera l’attivista hindu Sadhvi Prachi del BJP aveva invitato la comunità hindu a non guardare film con famosi attori musulmani come Shahrukh Khan e lo stesso Aamir Khan. Gli eroi del grande schermo sarebbero accusati di aver sposato donne hindu, seguendo così il Prem jihad (l’amore jihad) secondo il quale la sposa verrebbe convertita forzatamente all’Islam.  
Le campagne di tutela dell’induismo erano cominciate già da qualche anno da parte del BJP, appoggiato dal RSS. Nel 2010 il Freedom religion act (che vieta le conversioni dall’induismo ad altre religioni) è stato esteso a numerosi stati. Il Chhattisgarh Freedom of Religion Act  del 2006 prevede multe fino a 20.000 rupie e il carcere fino a 3 anni per coloro che risultano essere stati protagonisti in conversioni forzate.
La Costituzione indiana del 1950  si dovrebbe basare su uno “stato laico” e un “socalismo reale” a carattere democratico. L’idea di Democrazia ha in sé l’idea di libertà. La libertà è quella di chi sceglie un Dio. Il divino è espressione della necessità umana di sentire una forza trascendente. I Veda ribadiscono più volte questa presenza:

“Ogni pollice di vita sulla terra è associato a qualcosa di divino. Noi perveniamo alla piena conoscenza soltanto quando ci rendiamo consapevoli del divino e delle sue manifestazioni in ogni tratto di terreno sul quale camminiamo”

River to River 2015

Deepa Metha
Anche quest’anno Firenze ospita il Festival River To River (giunto alla XV° edizione), un viaggio nell’universo del cinema indiano.
Sei giorni di proiezioni, confronti e dialoghi con il cinema del subcontinente, film inediti e incontri con esperti, registi e attori famosi.
QuandoDa sabato 5 a giovedì 10 dicembre 2015
DovePresso il cinema Odeon di Firenze
Quanto costa? Gli accrediti riguardano tutto il periodo del festival e costano 25 euro. Ma si può accedere anche a singoli eventi. Alcuni incontri sono gratuiti

L’argomento principe di quest’anno sarà il matrimonio indiano e la difficile scelta traquello d’amore e quello combinato.
Ma tanti altri saranno i temi trattati, dalle avanguardie dell’arte espresse sulla pellicola, fino alla difficile condizione degli indiani che vivono all’estero e vorrebbero trovare una loro dimensione sociale e culturale nelle moderne metropoli occidentali.
Non mancano anche quest’anno film, documentari e cortometraggi dedicati alle condizioni di vita in India tra ruoli sociali, professioni e grandi e contraddittorie città, al ruolo delle donne con la loro forza emotiva e fragilità e al cocente tema della partizione con tutte le sue conseguenze.
Attenzione particolare quest’anno verrà data  anche al disastro di Bhopal del 1984 e alle sue ripercussioni sanitarie, sociali ed emotive.
L’India rappresentata è quella al bivio tra una tradizione limitante e una tecnologia sempre più dilagante.
Da non perdere: la proiezione dell’ultimo film della regista Deepa Metha, Beeba Boys (I bravi ragazzi).
La bravissima e originale regista indo-canadese racconta la vita di un gruppo di giovani immigrati indiani di seconda e terza generazione alle prese con la criminalità organizzata di Vancouver.
Alla proiezione sarà presente la regista.
Della stessa, nel corso del River to River, verranno proiettati anche il recente Midnight’s Children (I figli della mezzanotte) tratto dall’omonimo romanzo di Salman Rushdie, nonché lo straordinario e pluripremiato Water (Acqua).
Per saperne di più leggi la recensione di Silvia Merialdo del libro: I figli della Mezzanotte di Salman Rushdie
Ci sarà spazio anche per il cinema ritrovato. Infatti anche quest’anno il Festival rispolvera un grande successo del passato: il film Meghe Dhaka Tara (La stella coperta dalla nuvola) di  Ritwik Ghatak, la famosissima pellicola che aprì la strada al movimento cinematografico ‘new wave’ a partire dagli anni ’60.
Molti anche gli incontri e gli approfondimenti. In occasione del quarantesimo anniversario della scomparsa del regista P.P. Pasolini, il Festival  ripropone gli Appunti per un film sull’India.
Si tratta delle riprese che il poeta effettuò a Bombay  nel 1967 e che prevedevano la realizzazione di un film con attori non professionisti.
Il fascino dell’India da scoprire per le strade sarà poi commentato da Giuseppe Cederna e Folco Terzani.
Il programma del Festival è disponibile qui
Se avete bisogno di informazioni per posti dove dormire e mangiare (indiano) a Firenze cliccate qui 

mercoledì 7 ottobre 2015

Provate a immaginare!

Immaginate di trovarvi a due settimane dal Natale. Immaginate benzinai chiusi per 20 giorni, ristoranti chiusi, strade deserte e impossibilità di circolare. Trasporto e rifornimenti bloccati. Immaginate di non poter tornare a casa dai vostri cari per le festività. Immaginate di veder inoltre imposta
 la circolazione di qualsiasi mezzo a targhe alterne. Immaginate di non poter cucinare nelle vostre case a causa dell'assenza di gas. Immaginate di aver limitato l'accesso di merci di prima necessità dai paesi europei limitrofi. Immaginate di non avere un'ambulanza che venga a soccorrervi o un autobus che vi porti a scuola o a lavoro.  Immaginate di non avere medicine disponibili nelle farmacie. Immaginate di trovarvi in questa situazione dopo circa 5 mesi da un devastante terremoto che ha messo in ginocchio l'economia del vostro paese.. Come vi sentireste? Ecco! Così si sentono i nepalesi adesso. Con il mondo che li ignora, con l'India che continua a spadroneggiare e la Cina che comincia a sfregarsi le mani.

Tra ieri e oggi sono entrati in Nepal circa 49 dei 1200 camion  fermi sul confine indiano, ma di questi solo 13 trasportavano carburante. Gli ingressi sono avvenuti nelle zone di Nepalgunj-Rupaidiya, Jogabani, Biratnagar e Kakadbhitta. Il goverrno sta valutando la possibilità di rifornimenti dal Bangladesh o dalla Cina. La logistica delle strade rende tutto questo difficile, pericoloso e costoso. Ancora più costoso sarebe il rifornimento aereo. Il governo indiano ha dichiarato che la situazione è in via di risoluzione ma ancora non si dà nessuna tempistica.

domenica 4 ottobre 2015

Verso una risoluzione?

Cominciano a circolare alcuni camion sul confine tra Nepal e India. Le urgenze si erano fatte impellenti: cibo e medicinali oltre che carburante. Entro due giorni dovrebbe esserci un decisivo sblocco. Il governo nepalese cerca di garantire la sicurezza  al passaggio dei convogli. Cerca anche di placare gli animi e annuncia possibili emendamenti per accontentare le comunità madhesi. La rchiesta del gruppo etnico sarebbe quella di ottenere 83 dei 165 seggi  nella camera dei rappresentanti. Tale richiesta sarebbe giustificata dal fatto che i madhesi rappresentano un altissima percentuale etnica in Nepal. Entro il 15 Ottobre si dovrebbe eleggere il nuovo Primo ministro e il clima dovrebbe essere disteso. A breve dovrebbero essere presentati due disegni di legge per accontentare i gruppi rivoltosi e garantire un sistena elettorale più "adeguato"


venerdì 2 ottobre 2015

Nepal: il mondo tace e il blocco continua

Il Nepal è ancora bloccato. L’India continua a dichiarare che il motivo dei disagi è la mancata sicurezza delle zone di confine. I madhesi fanno sit in di protesta. I nepalesi sit in di protesta contro gli indiani. Il mondo continua ad ignorare quello che sta accadendo. Tutto procede come al solito insomma! Dobbiamo considerare una coincidenza il fatto che in passato il governo indiano ha sostenuto i madhesi?Una  coincidenza la polemica sull’art.283 che non assicura l’eleggibilità alle alte cariche politiche  ai madhesi fortemente legati  con gli indiani del Bihar? Ed è ancora una coincidenza che il blocco di carburante arrivi proprio all’indomani di una Costituzione che non piace agli indiani?
I maggiori disagi continuano ad essere nelle zone di Birgunj, Biratnagar e Bhairhawa. In circa due settimane sono riusciti a passare il confine solo 118 camion con generi di prima necessità. Sembrerebbe riaperto il confine con la Cina dalla zona di Tatopani, interrotto dopo il terremoto del 25 aprile, ma il transito effettivo degli automezzi richiederà ancora del tempo.

Il razionamento del carburate presente sul territorio nepalese si sta intensificando. Dalla prossima settimana sarà accesibile solo per mezzi di emergenza, mezzi militare e quelli che trasportano derrate alimentari.  Le lunghe file ai distributori dei mezzi privati saranno inutili.

martedì 29 settembre 2015

Ancora disagi in Nepal


File interminabili alle pochissimi pompe di benzina ancora aperte, razionamento dei rifornimenti e circolazione a targhe alterne. Mancanza di carbone, petrolio, carburante e primi generi alimentari. Molte scuole e college non garantiscono più servizi di trasporto. Per il momento hanno ridotto l'orario di lezioni ma a breve saranno costrette a chiudere. Mancano gas per cucinare e moltigeneri di prima necessità.Tutto questo con Dashain, Tihar e Chhath alle porte. Molti nepalesi avranno problemi nel rientro verso i loro villaggi per le festività. Da evitare sarebbe anche lo sviluppo del mercato nero. Sembrerebbe che da domani le comunità madhesi, tharu e jajati siano disposte a qualche forma di dialogo con il governo. Per ottenere cosa? E come risponderà l'India? La vera responsabile di tutto questo...
Nel frattempo il Nepal ha limitato la trasmissione di programmi e canali televisivi indiani.
A rendere le cose più semplici ci si è messa anche la China Southern Airlines che dall'inizio della settimana ha bloccato i voli per il Nepal adducendo la motivazione del mancato rifornimento di carburante di voli in partenza dal Tribhuvan International Airport. Si apre però la possibilità di creare un ponte aereo di rifornimento con la collaborazione di Cina e Bangladesh.
Sul confine indiano con il Nepal sono in attesa circa 1000 camion. Domenica hanno avuto autorizzazione all'ingresso solo due di questi. L'India continua a dichiarare che la responsabilità del blocco è da attribuire ai manifestanti anti-costituzione nepalesi.

sabato 26 settembre 2015

La guerra del carburante tra India e Nepal


L’approvazione della Costituzione nepalese avvenuta circa una settimana fa doveva essere un’occasione di crescita e prosperità per il Nepal. Purtroppo le proteste delle etnie del sud est del paese ancora non si placano. La situazione di incertezza e violenza al confine con l’India preoccupa molto. La definizione di una stato non hindu ha sicuramente scontentato le aspettative dell’attuale amministrazione politica indiana così come in Nepal ha fatto infuriare partiti come il Rastriya Prajatantra. La preoccupazione fondamentale del governo indiano però sembra essere un’altra: quella di controllare il paese himalayano. Gli scontri, le proteste di piazza e le incertezze risultano essere un ottimo terreno per forzare ingerenze e forme di dipendenza. In questi giorni le fondamentali forniture di carburante provenienti dall’India sono infatti bloccate. Centinaia di camion sono fermi sul  versante indiano, nelle zone di Raxaul-Birgunj. Il governo indiano si giustifica affermando che i rifornimenti sono bloccati a causa delle tensioni interne. Ai nepalesi invece pare evidente che questi provvedimenti vogliano lanciare un chiaro messaggio.
E’ stata l’India  a bloccare i confini o i manifestanti nepalesi ad impedire il transito di veicoli dall’India? Utilizzando un minimo di buon senso si intuisce che la responsabilità sembra essere totalmente indiana. E’ importante ricordare che  fino ad oggi i confini tra India e Nepal sono sempre stati totalmente aperti, sia per le merci che per le persone. Gli accordi bilaterali tra i due paesi non hanno mai ostacolato nessun transito.
Cosa spera di ottenere il governo indiano? A quanto pare ci sono molti punti non graditi della nuova Costiutzione. Primo fra tutti quello riguardante la regolamentazione del sistema elettorale. Sembrerebbe che gli indiani vogliano garantire l’eleggibilità politica  di coloro che hanno la cittadinanza indiana in Nepal. Anche questa una forma di ulteriore controllo? Ma anche su questo punto l’India si giustifica asserendo che la Costituzione non garantirebbe diritti ai  nepalesi che vivono in India, in prossimità del confine.
L’ipotesi di responsabilità nepalese del blocco sarebbe  avvalorata dalle pretese del Nepal's Sadbhavna Party che si augura  di  creare disagi fino a Kathmandu attirando così l’attenzione del governo su possibili azioni di cambiamento costituzionale.

La non autosufficienza nepalese in materia di risorse carburanti non permette ampia autosufficienza. Nonostante il razionamento  e le difficili condizioni di trasporto, aggravate dal terremoto, il paese non può superare le due settimane. Già da questa mattina i primi disagi a Kathmandu.  E in questi giorni le file kilometriche  e le attese di ore ai distributori si allungano sempre di più. L’Indian Oil Corporation (IOC) è l’unico fornitore di carburante per il Nepal. I funzionari dell’ IOC hanno dichiarato di avere ricevuto precise istruzioni in merito al non rifornimento oltre il confine con il Bihar. Le motivazioni addotte? Guasti meccanici, congestione del traffico a causa delle manifestazioni, le festività islamiche di questi giorni, l’inasprimento dei controlli doganali e via discorrendo…
Il blocco non riguarda solo il carburante, ma anche materiali utili in questo periodo, come il carbone, il cememnto e il gas oltre che alcuni prodotti deperibili del mercato ortofrutticolo. Il governo ha introdotto il provvedimento di limite della circolazione dei mezzicon il sistema a targe alterne, così da risparmeiare carburante. Allertate anche le compagnie aeree internazionali per sostenere la capitale e i possibili rifornimenti alternativi.

Quale situazione adottare? Ci sarebbe una remota possibilità di riaprire i due passaggi carrozzabili alle vie commerciali con la Cina interrotti dopo il terremoto. Operazione non facile che rishierebbe solo di passare…”dalla padella alla brace”. (sonia Orazi)

lunedì 21 settembre 2015

Nuova Costituzione in Nepal

Dopo 239 anni di monarchia hindu il Nepal si dà una Costituzione definitiva! Quella nepalese è una Costituzione composta di 308 articoli. Più di 7  anni per trovare un accordo che, diciamolo pure, è davvero storico! L’Assemblea costituente ha approvato il nuovo testo con 507 voti favorevoli e 25 contrari. Alcune minoranze si sono astenute dal voto.. Uno Stato federale di stampo laico formato da sette  province. Il Rastriya Prajatantra Party ha dunque  fallito nell’impresa di trasformare il Nepal in uno stato hindu. Il Presidente Ram Buran Yadav, nel suo discorso di promulgazione, ha dichiarato che in Nepal la “sovranità è del popolo”, chiarendo così che il paese ha definitivamente chiuso con la Monarchia.
Il nuovo testo costituzionale punta su democrazia, federalismo, laicità e tutela delle minoranze svantaggiate, come quella madhesi e tharu protagoniste delle violente proteste delle ultime settimane nelle zone di confine meridionale.
Questa Costituzione rappresenta un buon segnale di cambiamento dopo la guerra civile scoppiata nel 1995, il massacro nel palazzo reale nel 2001 e i fallimenti del rispetto sugli accordi di pace dal 2006 in poi, nonostante l’affermazione della Repubblica nel 2008.
Dopo il grande entusiasmo di ieri sera da parte della popolazione, sorgono i primi dubbi. Riuscirà il nuovo documento a garantire realmente stabilità e diritti alle minoranze non rappresentate in Parlamento? Sarà capace il Nepal di portare avanti una politica di emancipazione femminile che garantisca almeno i diritti di eguaglianza fondamentali? Riusciranno i primi tre partiti politici a improntare un dialogo più o meno equilibrato per cambiare davvero il paese? Questa importante svolta epocale, ignorata totalmente da parte del “piccolo” mondo occidentale, potrà rappresentare anche una svolta economica per i nepalesi così come annunciato dal presidente Yadav ieri?
Le proteste etniche sembrano preoccupanti. A disagio è anche l’India, rispetto al confine con il Terai. Nelle ultime settimane ci sono stati circa 40 morti e decine di feriti a seguito delle proteste. Non dimentichiamo che la guerra civile ha causato la morte di 13000 persone e il paese è ancora schiacciato dal peso morale e fisico delle macerie del terremoto che lo ha sconvolto il 25 Aprile e il 12 Maggio.
Per placare gli animi, i leader dei principali partiti politici hanno dichiarato che sono ancora aperte variazioni inerenti i confini provinciali; una apposita commissione federale potrebbe occuparsi della questione. In Nepal ci sono circa 100 gruppi etnici! Se da una parte sembra che questi non saranno tutelati, dall’altra va notato che i membri del Parlamento devono essere scelti attraverso una elezione con sistema proporzionale il quale garantirebbe, in teoria, la rappresentanza delle minoranze.
La nuova Costituzione rigetta totalmente la pena di morte ma rimane ambigua sui criteri di definizione della cittadinanza per bambini nati non da entrambi i genitori nepalesi. Il problema sorgerebbe in particolar modo per le donne che sposano stranieri. Eppure l’Art. 18 dichiara che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge, indipendentemente da sesso, casta, religione, tribù o etnia.

Ma nel frattempo un po’ di euforia è più che lecita e ben vista. I nepalesi hanno festeggiato con fiaccolate e cortei. Il clima allegro ha riguardato soprattutto la capitale Kathmandu. Jay Nepal!

lunedì 14 settembre 2015

La ragazza oleandro: una Divakaruni poco convincente

Nuovo esperimento letterario della Divakaruni, la conosciutissima autrice indo-americana. Dopo l'esperimenti di rifacimento del Mahabharata in Il palazzo delle illusioni e le favole per bambini in Anand e la conchiglia magica, le storie della Divakaruni tornano ad ambientarsi in parte sul suolo statunitense seguendo la scia del ben pooco noto e apprezzato Raccontami una storia speciale. Nel nuovo romanzo, La ragazza oleandro, la città di New York è il luogo di antiche origini da ritrovare in un processo migratorio inverso rispetto a quello post-coloniale. Se da una parte la scrittrice non riesce a ritrovare la carica emotica di romanzi come Sorella del mio cuore e Il fiore del desiderio, dall'altra ci stupisce con una vitalità di colpi di scena e un plot dinamico che nulla ha a che vedere con il ben troppo noto La maga delle spezie.
Non si tratta della solita storia d'amore. Karobi, la ragazza oleandro, appartiene ad una famiglia bengalese di antico lignaggio, fatta di tradizioni, rispetto e rigide norme morali e sociali. L'eccessivo controllo da parte del nonno la fa crescere in un mondo ovattato e fuori dal tempo dove la modernità della Calcutta del primo decennio del 2000 sembra non entrare. La semplicità e ingenuità della ragazza colpiscono il rampollo Rajat. Il matrimonio viene organizzato in brevissimo e tutto sembra procedere come in una delle più classiche favole a lieto fine. Ma entrambi hanno ombre nel proprio passato. Il prestigioso lignaggio  bengalese che tanto è apprezzabile nella fanciulla è in verità messo in discussione. Per scoprire le proprie origini Karobi farà un viaggio in America dove tenterà di far luce su se stessa e sull'identità di suo padre. I colpi di scena certo non mancano. Da pura hindu Karobi si rivela essere una "bastarda meticcia". Emerge chiaramente la difficoltà, presente ancora oggi in India, di accettare unioni intercastali o interraziali. Sullo sfondo di questa storia sentimentale si affollano alcune difficoltà ulteriori: l'odio per il diverso dopo l'11 settembre in America; gli scioperi sindacali delle società indiane;la violenza dei gruppi naxaliti; la fame di denaro e successo dell'India moderna; la politica spregiudicata; il ricatto e il potere del denaro; i gruppi integralisti hindu; i disordini seguenti ai tragici incidenti del Gujarat . Ma emergono anche buoni sentimenti, come quelli del fedele Asif per la piccola Pia o quelli della nonna di Karobi  impegnata a preservare l'antica casa di famiglia e i suoi ricordi. Karobi ci ricorda spesso una piccola Lucia Mondello, un po' troppo fragile e stucchevole. Fortunatamente il suo personaggio si anima leggermente a contatto con la realtà americana. Scrittura non certo affascinante quella della nuova Divakaruni ma la storia è coinvolgente e la  suspance rimane alta fino alla fine anche se assolutamente prevedibile. Peccato per il finale frettoloso e poco convincente rispetto al dettaglio dei capitoli precedenti.

venerdì 11 settembre 2015

Le caste ieri e oggi

Quando si parla di caste anche i più ignoranti pensano all’ India. Il termine casta significa “puro”  e viene definito per nascita, per jati. Chi appartiene ad una famiglia hindu appartiene anche alla sua casta, al suo varna, il suo colore.
Secondo il Manu smirti, l’Esposizione dottrinale del dharma attribuita al progenitore della stirpe umana Manu, le caste si sarebbero determinate dallo smembramento di Parusa, l’uomo primordiale, l’uomo cosmico che, recitano i  i Veda, fu sacrificato per dare origine al mondo manifesto. Le caste principali sono essenzialmente quattro.
1- I Brahmani sono l’emanazione della bocca di Parusa. A loro è affidato il potere della parola. Equivalgono generalmente alla  casta sacerdotale  e/o che detiene il potere politico. Hanno diritto di dare, ricevere, sacrificare, studiare e trasmettere. Genericamente praticano il vegetarianesimo. Il loro varna, colore di riferimento, è il bianco.
2-Gli Ksatriya sono l’emanazione delle braccia di Parusa. Rappresentano la nobiltà guerriera e sono destinati alla protezione del popolo. Il loro varna di riferimento è il rosso.
3- I Vaisya sono l’emanazione delle cosce di Parusa e corrispondono alla casta dei contadini e degli artigiani. Il loro varna di riferimento è il giallo
4- I Sudra  sono l’emanazione dei piedi di Parusa. Sono addetti alle mansioni più umili e il loro compito è servire per sempre.
Al di fuori di questa quadripartizione troviamo i fuori casta, gli avarna, detti anche dalit (oppresso) intoccabili o paria. Essi rappresentano circa il 24% della popolazione e comprendono genericamente le comunità tribali originarie, gli  adivasi, gli omosessuali, gli eunuchi, gli zingari, gli handicappati o coloro che hanno alterazioni mentali insieme a coloro che hanno malattie infettive gravi. Vengono inoltre considerati paria anche tutti i an-arya, nati fuori dall’India. Gli intoccabili hanno una serie di divieti e preclusioni come quella di entrare nei templi, portare i sandali davanti a coloro cha appartengono ad una casta alta, bere nello stesso contenitore di un brahmano e così via.
Il sistema castale è noto come vanashrama dharma o sistema dei quattro colori. In india ci sono circa 4000 caste e sottocaste. Solitamente si identifica l’appartenenza dal cognome paterno, ma tale sistema non è sempre valido.
I tratti distintivi dell’appartenenza ad una casta sono: l’endogamia, l’ereditarietà della professionalità, la commensalità espressa in norme e tabù. Ogni hindu deve rispettare la propria casta tramite l’osservanza (achara)  e avere sempre il giusto discernimento nell’agire ( vichara). Nascere in una casta inferiore è cansiderata una punizione per le cattive azioni, e dunque il cattivo karma, accumulato nelle vite precedenti. Se i sudra si ribellano alla loro condizione rischiano di peggiorare il ciclo del loro samsara, delle loro reincarnazioni: la loro condizione di svantaggio sociale potrebbe peggiorare nelle vite successive.
Dal 1950 l’India ha introdotto una legge (l’Articolo 17) che vieta il concetto di intoccabilità e ciò che ne deriva.  Nel 2007 è stata fatta una proposta di legge per alzare al 27% la quota gli impieghi pubblici riservati agli appartenenti alle caste basse. Anche se la legge indiana proibisce la discriminazione di casta, il sistema castale è ancora molto forte. Secondo l’India human development survey, nel 2014 i matrimoni tra persone di caste diverse sono stati solo il 5% del totale. Oggi, in India, un dalit subisce un sopruso da una casta superiore ogni quindici minuti: stupri, assassini, sevizie o totale mancanza di rispetto e sicurezza. Ovviamente nelle comunità di villaggio questi episodi sono molto più comuni, ma le grandi città non sono esenti da tali fenomeni. I membri del panchyat, il consiglio di villaggio, infliggono spesso punizioni disumane verso i dalit che hanno trasgredito qualche norma di casta o hanno assunto atteggiamenti non adeguati. Spesso queste punizioni sono estreme e si concludono tragicamente. I fuori casta sono genericamente esclusi dalla vita sociale ma ciò non si verifica sempre, soprattutto negli ultimi anni. Basti ricordare che il dalit K.R.Narayan è stato presidente dell’India dal 1997 al 2002, così come sono dalit molti politici e uomi influenti indiani. Dagli anni 80’ il Bsp, il Partito della società maggioritaria si batte per il riconoscimento dei diritti delle sottocaste le quali, effettivamente, non sono una minoranza in India, tutt’altro!
Il quadro occupazionale legato alle caste oggi è un po’ cambiano. I brahmani non sono più solo sacersoti ed intellettuali. Spesso ricoprono ruoli politici importanti o sono inseriti preponderatamente nel sistema giudiziario e burocratico amministrativo. A detenere il potere economico sembrano invece essere i vaisya. Le norme a favore dei dalit funzionano solo marginalmente. Si tratta spesso di persone che non hanno terra in proprietà (70%) o che non hanno accesso all’istruzione superiore (solo il 30% può permettersi studi universitari). Va dunque da sé che l’accesso a incarichi lavorativi importanti risulta a prescindere difficoltoso, se non impossibile. Gandhi riteneva che il sistema delle caste indiano garantisse ordine e armonia; voleva un sistema castale senza gerarchie e aborriva l’intoccabilità. E’ davvero impossibile eliminare la gerarchia dal concetto di casta stesso?